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Agrumeti italiani: tra tanti sacrifici e abbandono

24 Febbraio 2021 By Luana Lagani Membro Silver 8
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Il lavoro negli agrumeti è tanto e comporta sicuramente dei sacrifici. Lo sanno bene gli agricoltori che, generazione dopo generazione, hanno sacrificato la propria vita alla terra per produrre dei frutti preziosi: gli agrumi. Malgrado ciò, sono molti gli agrumeti italiani che, nonostante tanti sacrifici, sono stati lasciati al loro abbandono.

Gli agrumi fanno parte del patrimonio agricolo e culturale dell’Italia e vengono coltivati in tantissime regioni, soprattutto nei territori costieri.

Tuttavia gli agrumeti italiani, al pari di tutta la filiera agro-alimentare, stanno attraversando da anni una profonda crisi. Questo accade sia a livello territoriale, strutturale ed economico, che hanno portato all’abbandono di tantissimi agrumeti sparsi su tutta la penisola del nostro Belpaese.

Coltivazione e stagionalità negli agrumeti italiani

La cura e la manutenzione dell’agrumeto sono composte da tante fasi durante tutto l’arco dell’anno per arrivare a raccoglierne i frutti. Questo comporta inevitabilmente sacrifici di vario genere.

Prima dell’invenzione delle macchine agricole, la terra veniva zappata a mano per eliminare le erbacce, creare solchi per l’irrigazione e per la fertilizzazione. Ma anche per rendere il terreno meno impervio al passaggio dell’acqua, oltre a compiere altre lavorazioni manuali.

Oggi con l’utilizzo delle macchine il lavoro si è velocizzato, ma l’agricoltore ha ugualmente tanto da fare perché alcune pratiche devono essere effettuate manualmente.

La stagionalità degli agrumi in Italia è molto estesa grazie al clima mediterraneo, ad esempio:

  • Le arance si raccolgono da novembre a maggio, poiché le diverse varietà maturano in altrettanti diversi mesi;
  • limoni hanno due fioriture all’anno, ci regalano i loro frutti dalla primavera fino all’inverno;
  • mandarini sono presenti da ottobre con le primizie fino ad aprile.

Nel resto dell’anno, bisogna comunque curare la pianta per permetterle di produrre al meglio e per proteggerla dalle intemperie o dall’attacco dei parassiti.

Inoltre, ogni anno ci saranno piante che daranno più frutti, altre meno, in un ciclo continuo di alternanze e incognite per gli agrumicoltori.

Quindi, all’interno degli agrumeti c’è sempre bisogno di tanta manodopera, sacrificio e dedizione.

Cause dell’abbandono degli agrumeti

Da anni si sta verificando l’abbandono degli agrumeti italiani, una scelta difficile e dolorosa che gli agricoltori sono costretti a prendere dopo tanti sacrifici.

Non è il duro lavoro la causa dell’abbandono degli agrumeti poiché ci sono tutta una serie di fattori ad influenzare questa scelta.

Un caso tipico potrebbe essere quello della lottizzazione dei terreni. In Calabria, per esempio, molti agrumeti affacciano lungo tutto il litorale della costa. La conseguenza è stata che, proprio a causa della lottizzazione dei terreni, i proprietari hanno preferito edificare piuttosto che mantenere vive queste preziose riserve.

Più in generale, le cause di abbandono sono anche condizionate dalla malattia degli agrumi fino ad arrivare alla concorrenza dei prodotti esteri e il conseguente calo dei prezzi.

Tristezza degli agrumi

Uno dei motivi per il quale si verifica l’abbandono degli agrumeti è il diffondersi di una malattia degli alberi chiamata “tristezza degli agrumi”. Il virus in questione prende il nome di “Citrus tristeza virus” e si manifesta soprattutto sulle piante innestate con varietà più deboli.

I sintomi sono perdita di foglie e rami secchi, con conseguente riduzione di sviluppo della pianta che, alla fine, la porta alla morte.

Questa malattia degli agrumi si diffonde tramite gli innesti o l’attacco di afidi.

Concorrenza estera

Altra causa di abbandono degli agrumeti è sicuramente la spietata concorrenza estera. Ormai tutto l’anno si possono trovare sui banchi della frutta arance, mandarini, limoni e altri agrumi provenienti da altre parti del mondo a prezzi bassissimi.

Questo perché all’estero non solo hanno un clima diverso dall’Italia, ma anche un modo di coltivare differente, che spesso non comprende gli stessi standard qualitativi e igienici a cui sono sottoposti gli agrumi italiani.

In Italia, infatti, i controlli sui prodotti agro-alimentari sono rigidi, mentre all’estero spesso vengono utilizzati fertilizzanti, pesticidi e altre sostanze chimiche che, nel nostro Paese sono vietate.

Ad esempio, capita spesso che i limoni esteri siano più grandi e più gialli rispetto a quelli italiani, o che la buccia delle arance estere sia molto più lucente.

Questo accade perché si utilizzano prodotti chimici per ingiallire i limoni verdi e altri per lucidare le arance. Ovviamente il frutto non sarà più naturale e la buccia non sarà edibile.

Quando il prezzo per gli agrumi è molto basso, sono sicuramente prodotti esteri che non seguono gli standard qualitativi di un prodotto italiano. Ecco perché quelli italiani costano certamente di più, in quanto sono un prodotto di alta qualità, naturale e indubbiamente più attento alla lavorazione.

Costi di produzione e tassazione

Visti i prezzi bassi degli agrumi esteri, i venditori chiedono ai piccoli produttori italiani di svalutare il loro prodotto.

È automatico, a questo punto, che l’agrumicoltore italiano faccia due conti e arrivi alla conclusione che, il prezzo a cui sarebbe costretto a vendere i suoi agrumi, non coprirebbe nemmeno le spese del suo lavoro.

Infatti, non dobbiamo pensare solo alla mera lavorazione agricola ma al pagamento della manodopera, al costo dei fertilizzanti, alla fatica per la cura del terreno. Ma anche al costo della raccolta dei frutti, del trasporto al mercato, al pagamento dei diversi Consorzitasseforniture elettriche, manutenzione dei mezzi e carburante… la lista potrebbe ancora continuare.

Ci si rende conto che le spese vive di un agricoltore italiano sono molto alte. Mentre all’estero la tassazione, la manodopera e altre voci hanno un costo minore.

In un primo momento, pur di vendere e guadagnare qualcosa, gli agrumicoltori decidono di ammortizzare le spese (ad esempio, diminuendo potature e concimazioni) con il risultato di ottenere meno agrumi all’anno.

Quindi, avendo meno prodotti, l’agrumicoltore è poi costretto ad alzare il prezzo e nessuno sarà più disposto a comprare il suo prodotto: infatti, annualmente, assistiamo a scene molto tristi con quintali di agrumi portati al macero pur di non svenderli.

Di fatto, la domanda principale dell’agrumicoltore è: “Posso coltivare i miei agrumi avendone realmente un degno profitto?” Quando la risposta a questa domanda è “no”, la soluzione migliore è quella di abbandonare gli agrumeti.

In questo articolo sono riportate solo alcune delle tante cause che spingono all’abbandono degli agrumeti italiani, tenendo conto di tutti i sacrifici e gli sforzi degli agricoltori. Arance di Calabria è l’esempio di un agrumeto fortunato in quanto l’amore per la propria terra, i sacrifici e la soddisfazione della raccolta, lo hanno risparmiato da questa triste fine.